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La materia prima più impiegata nell’annodatura dei tappeti è la lana, fibra tessile ricavata dalla tosatura degli ovini. L’allevamento delle pecore è alquanto diffuso in diverse aree dell’Iran ed in particolare tra le popolazioni nomadi che spesso ne posseggono enormi greggi.

Non tutte le razze ovine naturalmente forniscono materie prime di ottima qualità: se molto dipende dalla razza, altrettanto dipende dalle condizioni di vita, dall’età dell’animale, dall’ambiente in cui è allevato – gli ovini che vivono in quota, ad esempio, hanno quantità di grasso di lana più elevate, fattore che rende la lana più candida e splendente.

E’ chiaro che un vello particolarmente soffice o di consistenza più adatta ad assorbire il colore, fornirà un filato migliore per far risaltare lucentezza, disegni e colori del tappeto rendendolo anche più morbido e resistente.

La pecora asiatica dalla coda adiposa, tipica delle aree del Turkestan, garantisce una lana adatta per i tappeti, in quanto è composta di fibre lunghe e corte. Questo curioso animale concentra il grasso accumulato quando i pascoli sono più abbondanti nella coda, formando una specie di fiocco che può raggiungere anche i venti chili. La lana di questa pecora è particolarmente fine e resistente. Nell’Anatolia turca, invece, è allevata una pecora la cui lana è rinomata per la sua finezza sin dai tempi antichi.

Se l’età dell’animale influisce sulla qualità del filato, altrettanto si può dire dell’area del corpo da cui è ricavata e dal periodo in cui avviene la tosatura. La lana più soffice si ottiene, ad esempio, dagli agnellini fino ad un anno di età. La lana più raffinata però è quella tosata dalla zona del sottogola della pecora, detta kork, benché negli ultimi decenni con questo termine si indichi spesso semplicemente una lana di primissima qualità (ad esempio, quella ricavata dalle pecore merino da cui si ottiene un filato finissimo e molto pregiato). Anche il periodo della tosatura è importante ed è preferibile quello autunnale che dà un prodotto migliore.

Per i tappeti più scadenti si utilizza la lana tabbakhi, o lana di concia, che viene ricavata dalle pecore macellate immergendone le pelli in sostanze chimiche a base di soda caustica. La fibra così ottenuta è di scarsa qualità, abbastanza rigida e assolutamente difficile da tingere.

Un discorso a parte e che riguarda tutte le fibre (cotone, lana e seta) è quello dei cascami, termine con cui si indica il residuo utilizzabile che risulta dalla lavorazione primaria di un prodotto e che subisce una lavorazione a parte ed ha caratteristiche qualitative inferiori. Anche questi filati di seconda scelta sono impiegati (in particolare la seta) per l’annodatura di tappeti di modesta qualità.

Non tutti i tappeti, tra l’altro, sono realizzati con lane ovine. Alcuni manufatti meno pregiati utilizzano anche fibre tessili di altra provenienza: è il caso, ad esempio, di alcuni tappeti annodati nell’area di Kirman, dove si alleva una capra bianca che fornisce una lana abbastanza lucida e resistente. La lana di capra è utilizzata, in effetti, in diverse altre zone dell’Asia Centrale, particolarmente per l’annodatura dei tappeti presso alcune tribù nomadi dove viene impiegata anche per trama e ordito oltre che per il vello.

Tra queste popolazioni non è raro, inoltre, trovare esemplari annodati con la lana di cammello (quella di miglior qualità è ricavata dagli animali che vivono tra la Mongolia ed il Golfo Persico), sola o mischiata ad altri filati, sovente lasciata con la caratteristica tonalità naturale. Le lane di capra e di cammello sono materiali alquanto ruvidi e poco lucenti: pertanto non vengono impiegate per manufatti di pregio.

Qualunque sia la lana utilizzata, una volta tosata dev’essere sottoposta ad un lavaggio che ne tolga le impurità senza essere però troppo aggressivo per non togliere alla fibra la giusta quantità del grasso che la rende morbida. Dopo l’asciugatura, possibilmente al sole, si procede alla cardatura ed infine alla filatura.

In alcuni villaggi e presso le popolazioni nomadi, la cardatura viene ancora effettuata a mano secondo le tecniche tramandate da centinaia di anni. E’ un’operazione fondamentale per aprire e districare i fiocchi di lana eliminandone nodi, ingrossature e impurità e, a differenza della 

pettinatura, questo sistema utilizza le fibre corte che producono un filato più voluminoso adatto alla manifattura di tappeti essendo più morbido, voluminoso e caldo.

La successiva filatura procede con diversa intensità a seconda dell’utilizzo che si dovrà fare del filato finito, vale a dire se sarà utilizzato per il vello oppure per la trama o per l’ordito. Come per la cardatura, anche la filatura nei centri maggiori di produzione è realizzata a macchina mentre nelle aree più remote e presso le popolazioni nomadi è a tutt’oggi eseguita a mano o, addirittura, in alcune tribù, con il fuso tradizionale.

(Fonte 36 Mazal)